
Dopo mesi e mesi passati a ridurre i consumi a causa della famigerata crisi, mi sono accorta che liberarsi dal superfluo e auto produrre il necessario dà un nuovo senso alla mia vita. E così mi sono persa in questi cambiamenti e ho scoperto che uno stile di vita più sobrio mi piace davvero. Qui troverete tutto ciò che attira la mia curiosità, che può essere spunto per voi e punto di incontro per chi, come me, è in cammino.
giovedì 23 maggio 2013
Milano in transizione?
Può Milano essere una città in transizione? Stasera ascoltando Ellen Bermann, presidentessa di Transition Italia, me lo sono chiesto. E la risposta per me è no, innanzitutto per la complessità delle relazioni che si sviluppano tra gli abitanti di una città tanto estesa, che difficilmente possono essere convogliate in quantità sufficiente. Ma forse un quartiere può dare il via al cambiamento e contagiare gli altri, forse si può almeno cominciare a ricostruire i legami e a vivere consumando meno. In qualche modo anch'io sono già in transizione, ma ciò che più mi logora mentalmente è che non basta il lavoro su me stessa per modificare le mie abitudini per produrre un cambiamento: sono le reti, la contaminazione, il genio collettivo a fare la differenza; e allora come coinvolgere gli altri?
Partiamo dal principio: la transizione è un movimento che ti porta dallo stato A allo stato B, è un termine privo di connotazione, assolutamente neutro,indica una trasformazione dell'ambiente che ci circonda per renderlo migliore e più vivibile. Perché questo avvenga c'è bisogno della testa, per analizzare la realtà nella sua complessità e trovare soluzioni creative, del cuore, per appassionarsi alla causa e alle persone in cammino con te e delle mani, in grado di aiutarti a trasformare ciò che ti circonda in qualcosa di utile, bello, funzionale. Questi cambiamenti sono lenti, ci vogliono decenni per rendere le nostre città resilienti, anni perché le informazioni circolino tra i cittadini rendendoli più consapevoli e, soprattutto, moltissime energie da spendere per mettere in moto la trasformazione.
Dopo tre ore di dibattito mi ha preso lo sconforto: come coinvolgere gli altri? Quali le parole giuste? Quale il metodo? Non lo so, non mi resta che studiare. Di certo stasera ho portato a casa qualcosa di nuovo: bisogna imparare a vedere i progressi e a celebrarli per non cedere alla negatività. Così mi soffermo a pensare a quanti indizi di cambiamento mi circondano: c'è chi fino a qualche mese fa non ha aveva mai preso in mano una zappa e ora ogni sera si preoccupa di dare da bere alle sue piantine, c'è chi da burbero si scioglie in sorrisi, chi usa sempre più spesso la bicicletta, chi sceglie di mangiare meno carne, chi comincia a differenziare l'umido, chi vuole un po' di pasta madre, chi decide che è proprio ora di entrare in un gas, chi investe il proprio tempo libero nel volontariato.
Non posso ignorare la miriade di contatti e relazioni che sono nate in questi miei anni di cittadinanza attiva a Milano; non è certo il tempo di farsi prendere dalla nostalgia, se a breve dovrò tornare nella provincia bresciana: quello che ho imparato lo investirò nelle vecchie e nuove relazioni che coltiverò e se proprio non sarà transizione, di certo sarà un po' più decrescita.
domenica 28 aprile 2013
Seminiamo una nuova urbanità: parlando del Paolo Pini e del frutteto del Pareto
Sono stata tra i fortunati che il mese scorso è riuscita prendere posto nella biblioteca di Affori (Milano) per seguire Seminiamo una nuova urbanità: in molti infatti sono rimasti fuori e non hanno potuto seguire l'incontro organizzato dai Seminatori di urbanità, impegnati nel difendere l'area intorno e dentro il Paolo Pini da un'aberrante colata di cemento. Ne faccio un piccolo sunto in vista della manifestazione del 5 Aprile Passeggiamo oltre il pioppeto sulla quale trovate informazioni qui.
Francesca Neonato, agronoma di "PN Studio Progetto Natura"
L'intervento per me più illuminante è stato quello di Francesca Neonato, agronoma di "PN Studio Progetto Natura", la quale ha monetizzato il danno che si produrrebbe distruggendo l'habitat, ossia l'ecosistema e il patrimonio di relazioni, interessato dalla possibile edificazione.
Quest'area, per un totale di 10 ettari presenta 1559 tra piante e arbusti di 50 tipi diversi, con un'altezza media di 6,28 m. Thomas Giglio della Lipu ha eseguito un censimento dei volatili presenti in quest'area: tra le numerosissime specie ve ne sono anche alcune protette come il gheppio e il picchio verde. Inoltre la fauna che sia aggira in questi prati può vantare, oltre alle ormai famose volpi, rospi smeraldini e pipistrelli.
L'agronoma ha spiegato che un habitat così esteso, con micro-paesaggi diversificati e, soprattutto, a ridosso della città, diventa un rifugio per molte più specie rispetto a luoghi contigui dalle caratteristiche simili, come i parchi periurbani, secondo quella che viene definita l'ipotesi del disturbo intermedio (Connell 1978).
Ma veniamo ai numeri perché, se per me che sono sensibile nei confronti della natura e degli animali già questo basterebbe a difendere strenuamente questi paesaggi, ad altri servono delle cifre che descrivano in modo più oggettivo il danno che si causerebbe.
Valore economico dell'area
_ Valore ornamentale: 1.678.313 €
_ Biomassa arborea: 4.232 €
_ CO2 assorbita: 913 € (ossia 169.294 m3 all'anno)
_ Criteri per la trasformazione del bosco e per i relativi interventi compensativi secondo il d.g.r. n. 8/675 del 21 settembre 2005: 50.200 €
_ servizi socioculturali 30.000 €/anno
a tutto ciò sono da aggiungere i servizi ecosistemici (produzione di cibo, legna, energia, regolazione ambientale, energetica, regolazione dell'acqua e diminuzione di effetti calamitosi)
In totale la stima delle perdite è tra un minimo di 85.261 € e un massimo di 369.134 €.
A chiudere questo intervento fatto di numeri, Francesca Neonato ha citato le parole del presidente dell'Uruguay Jose Mujica pronunciate alla conferenza mondiale Rio+20 il 21 giugno 2012: “Lo sviluppo non può andare contro la felicità: dev’essere a favore della felicità umana, dell’amore sulla Terra, delle relazioni umane, della cura dei figli, dell’avere amici, del non privarsi dell’indispensabile” e "Quando lottiamo per l'ambiente, il primo elemento dell'ambiente si chiama felicità umana".
Sara Travaglini della Cooperativa DAR=CASA
Sara Travaglini ha invitato i presenti a fare molta attenzione quando si parla di housing sociale, poiché queste parole vengono spesso usate a sproposito, come nel caso del progetto edificatorio previsto nell'area del Pini e del pioppeto. Ricorda inoltre che i progetti abitativi dovrebbero partire dai bisogni dei cittadini, che sono sì economici, ma anche di relazione. La cooperativa DAR, ad esempio, crea coesione sociale nei territori, migliorando la qualità dei rapporti e dell'abitare e, soprattutto, si impegna a recuperare il patrimonio abitativo inutilizzato prima di costruire nuove case, operando in contrapposizione con la tendenza costantemente in crescita a consumare suolo, primato che spetta alla Lombardia, che vanta il 10% del territorio sigillato (dati Ispra).
Franco Beccari di Legambiente
Franco Beccari comincia il suo intervento svelando che Milano è il secondo comune in Italia per estensione agricola coltivata e porta alcuni esempi di spreco di suolo agricolo: Cascina Zerbone, nella periferia sud est di Milano (zona 4) potrebbe veder edificare sui terreni sui quali coltiva il foraggio per le sue vacche da latte più di 2000 case delle quali il 2% è destinato ad housing sociale. Un altro esempio interessa delle aree agricole, anche in conversione al biologico, in zona Forlanini, occupate dal cantiere e dagli alloggi per 250 operai per la costruzione della stazione d’interscambio Forlanini tra MM4 e linee ferroviarie suburbane e dell'adiacente enorme parcheggio.
Legambiente aveva presentato una proposta di legge regionale contro il consumo di suolo che però si è arenata in commissione, per questo a breve partirà una campagna per raccogliere 5000 firme per riproporre la proposta di legge come delibera comunale.
Due i punti fondamentali:
1.stop alla costruzione sui terreni agricoli
2. se proprio non posso evitare di costruire su un terreno agricolo, devo trasformare l'equivalente di un terreno destinato ad altro uso in un nuovo terreno agricolo.
Alessandro Coppola, ricercatore del Politecnico di Milano
Alessandro Coppola ha fatto il quadro generale della situazione delle aree dismesse dal punto di vista urbanistico, cominciando dagli anni 80, quando i proprietari e gli eredi delle ex-fabbriche, aspettandosi una buona rendita fondiaria, hanno cercato di vendere le aree industriali dismesse. Poiché in molti casi l'operazione non è andata buon fine, la pubblica amministrazione ha cominciato prendersi carico di questi vuoti urbani, cercando di arginare il degrado che si andava sviluppando intorno ad essi. Dopo un primo momento in cui si è incentivato il riuso, è calato il sipario su questi spazi, ma oggi il dibattito ha ripreso vigore, considerando questi territori come protagonisti di una nuova riqualificazione urbana. Il Paolo Pini è un esempio di come si possa dare un nuovo senso ad una struttura che ha modificato la sua destinazione d'uso: a oggi la microsocialità che lo pervade è motore di un senso di unità e di costruzione di rapporti sociali e di relazioni che modificano la morfologia umana. L'agricoltura urbana che qui vi si pratica, è un esempio di uso del territorio senza sprechi, sostenibile, garante della biodiversità. Si può certo sostenere che quest'area non sia antiurbana, in quanto crea scambi e investe nella produzione territoriale.
Oggi non ha senso parlare della quantità degli spazi pubblici, se non se ne valuta la qualità. Il Paolo Pini e gli orti comunitari sono un esempio virtuoso in questo senso.
Thomas Emmenegger, presidente di Olinda
Concludo con quello che è stato in realtà l'intervento d'apertura del dibattito: Thomas Emmenegger ha ricordato come il lavoro dell'associazione Olinda sia cominciato una ventina di anni fa, con la chiusura dell'ospedale psichiatrico Paolo Pini, per garantire agli ex degenti una vita di qualità, non solo dal punto di vista sanitario, ma anche da quello della sociabilità, ossia facilitando la costruzione di legami sociali e promuovendo attività che permettono di sviluppare la personalità nella sua integrità. Se in una città è la piazza il logo deputato alla socialità e all'incontro, allora il Paolo Pini è una piazza e un progetto di una tale qualità non può scomparire.
Olinda (da: Le Città Invisibili di Italo Calvino)
A Olinda, chi ci va con una lente e cerca con attenzione può trovare da qualche parte un punto non più grande d'una capocchia di spillo che a guardarlo un po' ingrandito ci si vede dentro i tetti le antenne i lucernari i giardini le vasche, gli striscioni attraverso le vie, i chioschi nelle piazze, il campo per le corse dei cavalli. Quel punto non resta lì: dopo un anno lo si trova grande come un mezzo limone, poi come un fungo porcino, poi come un piatto da minestra. Ed ecco che diventa una città a grandezza naturale, racchiusa dentro la città di prima: una nuova città che si fa largo in mezzo alla città di prima e la spinge verso il fuori.
Olinda non è certo la sola città a crescere in cerchi concentrici, come i tronchi degli alberi che ogni anno aumentano d'un giro. Ma alle altre città resta nel mezzo la vecchia cerchia delle mura stretta stretta, da cui spuntano rinsecchiti i campanili le torri i tetti d'embrici le cupole, mentre i quartieri nuovi si spanciano intorno come da una cintura che si slaccia. A Olinda no: le vecchie mura si dilatano portandosi con sé i quartieri antichi, ingranditi mantenendo le proporzioni su un più largo orizzonte ai confini della città; essi circondano i quartieri un po' meno vecchi, pure cresciuti di perimetro e assottigliati per far posto a quelli più recenti che premono da dentro; e così via fino al cuore della città: un'Olinda tutta nuova che nelle sue dimensioni ridotte conserva i tratti e il flusso di linfa della prima Olinda e di tutte le Olinde che sono spuntate una dall'altra; e dentro a questo cerchio più interno già spuntano - ma è difficile distinguerle - l'Olinda ventura e quelle che cresceranno in seguito.
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giovedì 21 marzo 2013
Effetto farfalla a Milano
Può una farfalla Milano provocare un uragano dall'altra parte del mondo? Difficile da credere, considerando che di farfalle a Milano non è semplice scovarne. Per questo è partito un progetto il 15 marzo del 2013 che si concluderà nel 2015 dal nome Effetto farfalla. L'obiettivo è creare corridoi che colleghino i parchi ai bordi della città a quelli urbani, per facilitare l'ingresso e l'uscita delle farfalle tra aprile e novembre. Il bello è che siamo tutti chiamati a rispondere: sono state selezionate delle varietà di fiori particolarmente graditi alle farfalle da seminare negli orti comuni, nei giardini, nelle aiuole e sulle terrazze. Il comune di Milano ci mette del suo, stimolando, ad esempio, la partecipazione delle scuole, ma anche ognuno di noi può fare la sua parte: certo, un singolo balcone non può fare la differenza, ma un intero condominio sì. Quindi, se siete più fortunati di me e avete dei condomini sensibili, potete provare a proporre di trasformare il vostro comunissimo condominio milanese in un condominio delle farfalle. Non è poetico?
Ma passiamo alla parte più concreta. Quali fiori scegliere? Sul sito www.eugea.it potete trovare dei kit già pronti. C'è da sottolineare che Eugea è uno spin off dell'Univerità di Bologna fondato dall'entomologo Gianumberto Accinelli e che, come specificato nel sito "tutti i prodotti Eugea, e quindi anche il giardino delle farfalle, è stato assemblato a mano da ragazzi di cooperative sociali che hanno il compito di reinserire persone a rischio di emarginazione sociale nel mondo reale". Per chi, comunque, preferisce far da sè, le quattro varietà da piantare sono: cosmos, zinnia, facelia e finocchio selvatico.
Se abitate a Milano e aderite al progetto, non scordate di segnalarvi sul sito www.effettofarfalla.net; allo scadere di questi due anni, infatti, saranno elaborati i dati raccolti e lo stesso progetto verrà proposto in altre città italiane e non.
Insomma, se avete in mente qualche attacco di guerrilla gardening questa primavera non scordate di inserire qualcuna di queste varietà nelle vostre bombe di semi.
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Bovisa campus aperto
Per chi pensa all'Università come a un luogo chiuso, a docenti impettiti e ad aule austere in cui transitano centinaia di ragazzi con le borse piene di libri e le teste piene di sogni be', è il momento di ricredersi. Almeno guardando al Politecnico di Milano, sede Bovisa. Sarà tutto quel prato tra i vari padiglioni ad attirare da sempre chi vive intorno al campus: è possibile avvistare mamme e nonne sedute sulle panchine, bambini che corrono con in mano i loro coni gelato o gli immancabili cani, con i loro padroni che li portano a pascolare su ogni fazzoletto di verde che resiste al cemento. Ma oggi questa tendenza è incentivata da un vero esperimento sociale: da mesi docenti, studenti e alcuni cittadini del quartiere stanno avviando un orto universitario, non di quelli botanici con piante rare, ma un vero orto, con cavolfiori e zucchine. Il progetto Coltivando è nato da alcune tesi universitarie e continua con la partecipazione attiva di chi non ha paura di prendere in mano una zappa. Si possono ammirare dalla cancellata di via Candiani gli stoici che, ogni sabato nonostante i capricci del tempo, spalano la terra nelle box, scavano i canali di irrigazione, costruiscono vialetti con il tufo, seminano e attendono con impazienza lo spuntare dei germogli, sempre sognando, ma in un modo diverso. Non meraviglia dunque che il campus si apra ulteriormente una volta al mese, tramite il "Sabato della Bovisa", giornate aperte con attività varie rivolte a grandi e piccoli: lettura pubblica e book sharing, laboratori di cucito, Qi Gong e attività nell'orto per i bambini hanno animato la prima di una serie di giornate in cui finalmente Bovisa comincia ad essere il polo di cultura e il crocevia di relazioni che da anni aspira ad essere.
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giovedì 14 marzo 2013
Ricette a base di zucca
Settimana scorsa un componente del mio gas mi ha chiesto come cucinare una mega zucca che ha trovato nella sua cassetta di verdura settimanale. Cioè, lui ha ordinato la zucca, ma non si aspettava certo una zucca così grande! Allora ho pensato ai modi in cui ho cucinato le zucche dell'orto quest'inverno e ho fatto una raccolta di ricette, in ordine di tempo di preparazione e cottura.
Oggi ho ritirato la mia cassetta e anch'io ho un bel da fare questa settimana: ho un enorme cavolo verza da consumare e dovrò cercare alternative alla zuppa e agli involtini.
Condivido le ricette a base di zucca, tutte vegetariane e alcune vegane. Non ci sono quantità definite per gli ingredienti perché in genere cucino ad occhio, con quello che ho in casa.
VELLUTATA DI ZUCCA (vegan)
Mettere in una casseruola piena d'acqua del dado vegetale e la zucca tagliata in cubotti. Puoi aggiungere dei porri o delle carote (o entrambi) Quando tutto è cotto, frulla e cuoci ancora un po', affinché la vellutata si riduca. Servire con crostini. Tempo di cottura 20 minuti. Tempo di preparazione 10 minuti. Questa è la ricetta più comoda, mentre cuoce puoi fare altro e se ne avanza puoi congelarla.
ZUCCA AL FORNO TIPO PATATINE (vegan)
Taglia la zucca a listarelle (tipo patatine fritte), mettila su una teglia, aggiungi olio, rosmarino, salvia e aglio se ti piace. Fai cuocere a 200°C finché non è bella cotta, rigirandola ogni tanto. Tempo di preparazione 10 minuti. Tempo di cottura 20-30 minuti.
RISOTTO DI ZUCCA (vegetariana/vegan)
Far soffriggere della cipolla o del porro in una casseruola, aggiungere la zucca in cubi e farla cuocere finché non si ammorbidisce un po', senza esagerare, non deve spappolarsi. Poi togliere metà della zucca e tenerla da parte. Aggiungere in padella il riso già mondato. Dopo qualche minuto svaporare con del vino bianco, quindi aggiungere brodo vegetale fino a completa cottura. Aggiungere al tutto la zucca che hai tenuto da parte, dopo averla frullata. Quindi decidi: o aggiungi il burro e il parmigiano e lasci riposare per qualche minuto prima di mescolare e portare in tavola o aggiungi un po' di panna per rendere il sapore più ricco o, infine, della panna di soia per stare più sul leggero. A me piacciono tutte le versioni :) Tempo di preparazione 30 min.
Se ti avanza puoi congelarlo o usarlo il giorno successivo per fare delle polpette.
PASTA CON LA ZUCCA (vegetariana/vegan)
Preparare la pasta. Nel frattempo mettere la zucca in una padella in cui hai fatto soffriggere scalogno, porro o aglio secondo i tuoi gusti. Quindi aggiungere la zucca a cubetti e cuocerla. Nel caso si attacchi alla padella bagnale con un po' d'acqua. Per fare il sughetto puoi frullare una parte della zucca o aggiungere panna, anche vegetale. Alla fine unisci la zucca alla pasta. Tempo di preparazione 20 minuti. Buona anche il giorno dopo saltata in padella con una bella spolverata di parmigiano per fare la crosticina o passata in forno in una teglia ricoperta da besciamella giusto il tempo di dorarne la superficie (per poco tempo con il forno alto).
TORTA SALATA (vegetariana)
Cuocere la zucca in padella come per fare la pasta. Stendere la pasta sfoglia in una teglia per torte. Mettere la zucca, aggiungere cubi di formaggio morbido, o più stagionato, tipo brie e panna da cucina (anche vegetale per non appesantire troppo). Chiudere con un secondo disco di pasta, bucherellare, spennellare con l'olio e mettere in forno. Seguire le indicazioni sulla confezione della pasta sfoglia per la cottura. Tempo di preparazione 20 minuti, tempo di cottura 25 minuti.
GNOCCHI CON ZUCCA O ZUCCA E PATATE (vegan/vegetariana)
Cuocere la zucca al vapore, frullarla o passarla al passaverdure e aggiungere semola di grano duro e sale, fino ad ottenere una composto abbastanza duro. Creare dei cilindri da cui ricavare gli gnocchi. Mettere sul fuoco una pentola con acqua bollente salata, tuffarci gli gnocchi e raccoglierli con una schiumarola non appena vengono a galla. Puoi condirli con burro fuso e salvia, con del trevigiano stufato in padella o dei funghi. Gli gnocchi non conditi e avanzati possono essere messi in freezer e scongelati direttamente in padella: restano perfetti.
Tempo di preparazione e cottura totale: 50 minuti.
DADO VEGETALE (vegan)
Da tempo ho abbandonato il dado industriale. Lo preparo con le verdure base: 3-4 carote 1 cipolla e 2-3 gambi di sedano ai quali aggiungo degli ingredienti extra tipo zucchine o, durante l'inverno, un bello spicchio di zucca. Metto tutte le verdure in una pentola, aggiungo del sale grosso, in quantità pari alla metà del peso delle verdure, pepe e salvia. In internet ho letto di non cuocere mai il prezzemolo, non so se ci siano rischi di tossicità fondati, ma per sicurezza lo aggiungo sempre a freddo prima di portare i piatti in tavola. Cuocio tutto, finché non si asciuga, poi frullo con il minipimer e metto in una vaschetta nel congelatore. Per qualche fantastica reazione chimica, credo sia merito del sale, il dado non si congela mai, anzi rimane fresco, morbido e saporito e puoi usarlo per fare il brodo o per arricchire i tuoi piatti. Tempo di preparazione 20 minuti, tempo di cottura almeno 30 minuti.
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venerdì 22 febbraio 2013
Torta salata al cavolo rosso (vegetariana)
Fuori c'è un po' di neve e anche in casa la temperatura è freddina. E allora perché non fare una torta salata? Il forno riscalda la cucina e il piatto si colora delle verdure dell'inverno. Oggi cavolo cappuccio rosso! Di solito faccio torte salate vegan ma mio fratello mi ha regalato un kilo di formaggio tipo taleggio di un amico dello zio che ha un piccolo allevamento, che mi dispiacerebbe buttare. Quindi già che ho messo il formaggio, per la gioia di C. ho aggiunto anche le uova e per renderle più cremose un po' di panna da cucina. Per me è un po' la torta del peccato, ma visto che sono una vegetariana in transizione vegan ancora me ne concedo ogni tanto. Il risultato ci è piaciuto molto, il sapore deciso del formaggio si è sposato bene con quello dolce del cavolo.
Pasta pane
200 gr farina 0
100 gr licoli (lievito madre sostituibile con lievito di birra)
2 cucchiai olio evo
acqua q.b
sale q.b.
Ripieno
mezzo cavolo rosso
1 cipolla rossa
2 uova
50 gr panna da cucina
pezzetti di formaggio tipo taleggio
olio
sale
pepe
Preparazione
Preparare la pasta pane impastando gli ingredienti. Lasciare lievitare in luogo protetto da correnti finché non raddoppi di volume. Io spennello la superficie dell'impasto con dell'olio, la copro con la pellicola trasparente e la metto in forno, accendendo la luce, affinché la temperatura arrivi ai 25° circa.
Nel frattempo far soffriggere la cipolla in una padella, aggiungere il cavolo rosso, sfumare con del vino se piace e far stufare con un poco di acqua e dado vegetale. Salare e pepare.
In una ciotola sbattere le uova con un po' di panna, salare e pepare.
Quando la pasta è pronta preparare due dischi. Con uno foderare la teglia. Aggiungere la verdura e il composto di uova e panna. Disporre dei pezzetti di formaggio in modo omogeneo. Coprire la torta con il secondo disco di pasta e chiudere i bordi. Bucherellare la superficie e spennellare con olio misto ad acqua. Infornare per almeno mezz'ora in forno a 180°C, finché la pasta non risulti cotta. Sfornare e gustare.
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martedì 19 febbraio 2013
Da cassetto a mensola: metamorfosi in punta di pennello

Che fare del vecchio comodino con due cassetti in legno che ti ritrovi nella casa in affitto? Prima l'ho spostato sul balcone, "lontano dagli occhi lontano dal cuore" si dice e del resto, in 30 mq non posso certo permettermi mobili superflui. Poi ho iniziato a fantasticare su come dargli nuova vita e ottenuto il benestare dei padroni di casa ho cominciato a spulciare nel web idee da cui prendere spunto. Così è nata questa nuova mensola color bianco argentato. La scelta dell'immagine di sfondo è stata ardua: colorata, neutra, minimale, barocca, floreale? Poi è riaffiorato il ricordo di alcuni disegni visti qualche anno fa alla biennale di Venezia, opera di Pavel Pepperstein. Abbiamo scelto Drunkard, a Mountain-skyscraper, 2604: l'ho ridimensionato e stampato su carta adesiva opaca. In un attimo il fondo ha aderito senza tutte quelle imperfezioni che sono tanto difficili da evitare con l'uso della colla. Il risultato è proprio soddisfacente.
mercoledì 6 febbraio 2013
Piselli in padella
A Natale come di consueto sono stata in famiglia. Mia suocera fa dei piselli in padella strepitosi, che ho provato molte volte a copiare senza successo. Ma quest'anno mi sono fatta svelare gli ingredienti segreti: l'aglio liquido e la cannella!
Aglio liquido
Per avere sempre l'aglio a portata di mano per i soffritti basta frullare gli spicchi d'aglio e mettere la polpa ottenuta in un barattolo con olio di semi ed eventualmente un po' di sale. Si conserva intatta per mesi, le mani puzzano una sola volta e non si deve più rincorrere lo spicchio per la padella per schiacciarlo con il cucchiaio.
Piselli in padella
Buttare i piselli surgelati o al più quelli pronti in scatola in una padella in cui si siano fatti soffriggere cipolla e aglio liquido. Aggiungere dado vegetale e acqua. A metà cottura spolverare di cannella. In una ventina di minuti i piselli e il loro gustosissimo sughetto sono pronti da mangiare.
venerdì 18 gennaio 2013
Lampada da terra fai da te
Ho comprato questa lampada perché era molto economica, ma in poco tempo si è rotta; in casa siamo molto maldestri e gli spazi sono minuscoli: è stato un attimo strappare la carta. Così C. mi ha proposto di rinnovandola, costruendo un paralume più colorato e lineare. Fettucce comprate al mercato, metro da sarta, filo e forbici et voilà la nostra nuova lampada da terra. Le cuciture sono da migliorare, ma come primo esperimento ci piace!
sabato 12 gennaio 2013
Regali natalizi fai da te e buon 2013
Eccoci qua! Il nuovo anno è iniziato e lentamente si riprendono le abitudini consolidate in quello passato. Mi piace vedere in rete che siamo sempre più a fare il pane e la pizza in casa, ad usare la bicicletta, a stare attenti agli sprechi, ad aggiustare e recuperare oggetti vecchi e rotti in modo creativo. Ritornano le buone pratiche, speriamo che permangano ben oltre questo momento di crisi, come una vera e propria scelta di vita.
Ma voglio fare un passo indietro, ai regali natalizi, che quest'anno ho voluto preparare da me: marmellate e scrub per il corpo. Ho scelto le marmellate tra quelle già raccolte nella mia cantina: rabarbaro e zenzero, kiwi e mela e fichi. Per lo scrub, invece, ho navigato un po' in rete alla ricerca di idee, scegliendo due preparati : uno al rosmarino e limone e l'altro al cioccolato e cannella.
Dopo essermi sottoposta una stressante prova prodotto ho scelto l'accoppiata cioccolato e cannella per le mie amiche, dal profumo decisamente più caldo e natalizio. Mentre lo scrub al limone rosmarino tornerà utile in primavera: sa troppo d'estate e di sole e usarlo ora che annunciano neve imminente è una tortura psicologica.
SCRUB AL CACAO E CANNELLA
Zucchero di canna
Olio di mandorle (o jojoba o cocco)
cacao in polvere
cannella
Essenza alla vaniglia (ho usato quella alimentare)
SCRUB LIMONE E ROSMARINO
Zucchero di canna
Sale grosso
Olio di mandorle (o jojoba o cocco)
Succo di un limone spremuto
Olio essenziale al rosmarino
Basta mescolare tutto e versare nei vasetti. Mentre lo zucchero di canna aiuta a rimuovere le cellule morte, l'olio ammorbidisce la pelle. La grana grossa dello zucchero di canna e, soprattutto del sale grosso, non rende questi prodotti adatti per la pelle delicata del viso, per la quale servono esfolianti più dolci come, ad esempio lo zucchero fine. Ma proverò e posterò a breve diverse ricette ad hoc.
Ah ecco! Finalmente anch'io ho trovato dei buoni propositi per il nuovo anno: fare il sapone -è in arrivo il termometro XD- e trovare qualche altra coccola cosmetica home made. Ora che ho cominciato, chi mi ferma più??
sabato 5 gennaio 2013
Il Paolo Pini rischia di scomparire
C'è un posto a Milano ricco di fascino al quale sono molto affezionata: l'ex ospedale psichiatrico Paolo Pini, oggi luogo di incontro e di socialità che rischia di vedere una parte del suo patrimonio sparire sotto una colata di cemento, in nome di un tanto sbandierato housing sociale, in un quartiere dove di alloggi vuoti e in fase di costruzione ce n'è già in gran quantità.
Le palazzine dovrebbero essere costruite proprio sull'area degli orti comunitari, distruggendo la biodiversità e l'opportunità per molti di stare a contatto con la terra, anche a fini terapeutici. Be', la terra è terapeutica un po' per tutti: anch'io frequento gli orti e stare in mezzo alla natura, senza il rumore del traffico, curando le piante e intrecciando nuovi rapporti regala la serenità che questa città ruba ogni giorno. Il Libero Orto è un pezzo di terra condiviso, partecipato, aperto a tutti, bellissimo e rigoglioso. Se da un lato la rete creata dal'associazione il Giardino degli Aromi tra giovani, anziani, ex pazienti, disoccupati, famiglie e abitanti del quartiere facilita la nascita e la cura di nuove amicizie, dall'altro l'amore per questo pezzo di terra da parte di chi la lavora da anni ha generato un luogo ricco di piante orticole, aromatiche, selvatiche e alberi da frutto di molte varietà, con una particolare attenzione alla salvaguardia di specie antiche. Com'è facile immaginare in quest'area trovano rifugio molti animali selvatici, oltre ai conigli, ai gatti e alle galline che vengono curati dagli ortisti. Qui si impara a non gettare nulla, tutto viene riutilizzato: gli scarti organici per produrre il compost, la legna per costruire staccionate, panche e siepi di Benjes. La cooperativa sociale Aromi a tutto campo si occupa invece di trasformare alcuni dei prodotti coltivati biologicamente in questi orti, promuovendo il reinserimento sociale e lavorativo: chi ha assaggiato i prodotti preparati per il servizio di catering ne conserva a lungo il ricordo. Per quel che mi riguarda al primo posto c'è il seitan ai peperoni più buono che abbia mai mangiato e a seguire pane e focacce gustosissime.
Da mesi il Giardino degli Aromi, gli orticoltori del Libero Orto, la Cooperativa Sociale Aromi a tutto campo e la scuola Pareto (che vede minacciata l'area delle serre dedicate alla didattica per gli studenti di agraria) cercano un modo per bloccare il progetto di nuova edificazione già approvato da Regione e Provincia: a dicembre è stata presentata la richiesta di variante al Pgt alla Provincia e da gennaio è stata indetta una raccolta firme: potete firmare qui online. Mentre attendiamo buone notizie condivido con voi le foto che ho scattato ad ottobre, passeggiando nei prati del grande parco, nei viali e negli orti; sono dedicate in particolare a chi qui non è mai venuto e soprattutto a chi dice che a Milano c'è solo grigio, smog e stress. Enjoy it!


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