domenica 28 aprile 2013

Seminiamo una nuova urbanità: parlando del Paolo Pini e del frutteto del Pareto


Sono stata tra i fortunati che il mese scorso è riuscita prendere posto nella biblioteca di Affori (Milano) per seguire Seminiamo una nuova urbanità: in molti infatti sono rimasti fuori e non hanno potuto seguire l'incontro organizzato dai Seminatori di urbanità, impegnati nel difendere l'area intorno e dentro il Paolo Pini da un'aberrante colata di cemento. Ne faccio un piccolo sunto in vista della manifestazione del 5 Aprile Passeggiamo oltre il pioppeto sulla quale trovate informazioni qui.



Francesca Neonato, agronoma di "PN Studio Progetto Natura"

L'intervento per me più illuminante è stato quello di Francesca Neonato, agronoma di "PN Studio Progetto Natura", la quale ha monetizzato il danno che si produrrebbe distruggendo l'habitat, ossia l'ecosistema e il patrimonio di relazioni, interessato dalla possibile edificazione.

Quest'area, per un totale di 10 ettari presenta 1559 tra piante e arbusti di 50 tipi diversi, con un'altezza media di 6,28 m. Thomas Giglio della Lipu ha eseguito un censimento dei volatili presenti in quest'area: tra le numerosissime specie ve ne sono anche alcune protette come il gheppio e il picchio verde. Inoltre la fauna che sia aggira in questi prati può vantare, oltre alle ormai famose volpi, rospi smeraldini e pipistrelli.
L'agronoma ha spiegato che un habitat così esteso, con micro-paesaggi diversificati e, soprattutto, a ridosso della città, diventa un rifugio per molte più specie rispetto a luoghi contigui dalle caratteristiche simili, come i parchi periurbani, secondo quella che viene definita l'ipotesi del disturbo intermedio (Connell 1978).

Ma veniamo ai numeri perché, se per me che sono sensibile nei confronti della natura e degli animali già questo basterebbe a difendere strenuamente questi paesaggi, ad altri servono delle cifre che descrivano in modo più oggettivo il danno che si causerebbe.

Valore economico dell'area
_ Valore ornamentale: 1.678.313 €
_ Biomassa arborea: 4.232 €
_ CO2 assorbita: 913 € (ossia 169.294 m3 all'anno)
_ Criteri per la trasformazione del bosco e per i relativi interventi compensativi secondo il d.g.r. n. 8/675 del 21 settembre 2005: 50.200 €
_ servizi socioculturali 30.000 €/anno
a tutto ciò sono da aggiungere i servizi ecosistemici (produzione di cibo, legna, energia, regolazione ambientale, energetica, regolazione dell'acqua e diminuzione di effetti calamitosi)

In totale la stima delle perdite è tra un minimo di 85.261 € e un massimo di 369.134 €.

A chiudere questo intervento fatto di numeri, Francesca Neonato ha citato le parole del presidente dell'Uruguay Jose Mujica pronunciate alla conferenza mondiale Rio+20 il 21 giugno 2012: “Lo sviluppo non può andare contro la felicità: dev’essere a favore della felicità umana, dell’amore sulla Terra, delle relazioni umane, della cura dei figli, dell’avere amici, del non privarsi dell’indispensabile” e "Quando lottiamo per l'ambiente, il primo elemento dell'ambiente si chiama felicità umana".



Sara Travaglini della Cooperativa DAR=CASA

Sara Travaglini ha invitato i presenti a fare molta attenzione quando si parla di housing sociale, poiché queste parole vengono spesso usate a sproposito, come nel caso del progetto edificatorio previsto nell'area del Pini e del pioppeto. Ricorda inoltre che i progetti abitativi dovrebbero partire dai bisogni dei cittadini, che sono sì economici, ma anche di relazione. La cooperativa DAR, ad esempio, crea coesione sociale nei territori, migliorando la qualità dei rapporti e dell'abitare e, soprattutto, si impegna a recuperare il patrimonio abitativo inutilizzato prima di costruire nuove case, operando in contrapposizione con la tendenza costantemente in crescita a consumare suolo, primato che spetta alla Lombardia, che vanta il 10% del territorio sigillato (dati Ispra).



Franco Beccari di Legambiente

Franco Beccari comincia il suo intervento svelando che Milano è il secondo comune in Italia per estensione agricola coltivata e porta alcuni esempi di spreco di suolo agricolo: Cascina Zerbone, nella periferia sud est di Milano (zona 4) potrebbe veder edificare sui terreni sui quali coltiva il foraggio per le sue vacche da latte più di 2000 case delle quali il 2% è destinato ad housing sociale. Un altro esempio interessa delle aree agricole, anche in conversione al biologico, in zona Forlanini, occupate dal cantiere e dagli alloggi per 250 operai per la costruzione della stazione d’interscambio Forlanini tra MM4 e linee ferroviarie suburbane e dell'adiacente enorme parcheggio.
Legambiente aveva presentato una proposta di legge regionale contro il consumo di suolo che però si è arenata in commissione, per questo a  breve partirà una campagna per raccogliere 5000 firme per riproporre la proposta di legge come delibera comunale.
Due i punti fondamentali:
1.stop alla costruzione sui terreni agricoli 
2. se proprio non posso evitare di costruire su un terreno agricolo, devo trasformare l'equivalente di un terreno destinato ad altro uso in un nuovo terreno agricolo.



Alessandro Coppola, ricercatore del Politecnico di Milano

Alessandro Coppola ha fatto il quadro generale della situazione delle aree dismesse dal punto di vista urbanistico, cominciando dagli anni 80, quando i proprietari e gli eredi delle ex-fabbriche, aspettandosi una buona rendita fondiaria, hanno cercato di vendere le aree industriali dismesse. Poiché in molti casi l'operazione non è andata buon fine, la pubblica amministrazione ha cominciato prendersi carico di questi vuoti urbani, cercando di arginare il degrado che si andava sviluppando intorno ad essi. Dopo un primo momento in cui si è incentivato il riuso, è calato il sipario su questi spazi, ma oggi il dibattito ha ripreso vigore, considerando questi territori come protagonisti di una nuova riqualificazione urbana. Il Paolo Pini è un esempio di come si possa dare un nuovo senso ad una struttura che ha modificato la sua destinazione d'uso: a oggi la microsocialità che lo pervade è motore di un senso di unità e di costruzione di rapporti sociali e di relazioni che modificano la morfologia umana. L'agricoltura urbana che qui vi si pratica, è un esempio di uso del territorio senza sprechi, sostenibile, garante della biodiversità. Si può certo sostenere che quest'area non sia antiurbana, in quanto crea scambi e investe nella produzione territoriale.
Oggi non ha senso parlare della quantità degli spazi pubblici, se non se ne valuta la qualità. Il Paolo Pini e gli orti comunitari sono un esempio virtuoso in questo senso.



Thomas Emmenegger, presidente di Olinda

Concludo con quello che è stato in realtà l'intervento d'apertura del dibattito: Thomas Emmenegger ha ricordato come il lavoro dell'associazione Olinda sia cominciato una ventina di anni fa, con la chiusura dell'ospedale psichiatrico Paolo Pini, per garantire agli ex degenti una vita di qualità, non solo dal punto di vista sanitario, ma anche da quello della sociabilità, ossia facilitando la costruzione di legami sociali e promuovendo attività che permettono di sviluppare la personalità nella sua integrità. Se in una città è la piazza il logo deputato alla socialità e all'incontro, allora il Paolo Pini è una piazza e un progetto di una tale qualità non può scomparire.



Olinda (da: Le Città Invisibili di Italo Calvino)

A Olinda, chi ci va con una lente e cerca con attenzione può trovare da qualche parte un punto non più grande d'una capocchia di spillo che a guardarlo un po' ingrandito ci si vede dentro i tetti le antenne i lucernari i giardini le vasche, gli striscioni attraverso le vie, i chioschi nelle piazze, il campo per le corse dei cavalli. Quel punto non resta lì: dopo un anno lo si trova grande come un mezzo limone, poi come un fungo porcino, poi come un piatto da minestra. Ed ecco che diventa una città a grandezza naturale, racchiusa dentro la città di prima: una nuova città che si fa largo in mezzo alla città di prima e la spinge verso il fuori.
Olinda non è certo la sola città a crescere in cerchi concentrici, come i tronchi degli alberi che ogni anno aumentano d'un giro. Ma alle altre città resta nel mezzo la vecchia cerchia delle mura stretta stretta, da cui spuntano rinsecchiti i campanili le torri i tetti d'embrici le cupole, mentre i quartieri nuovi si spanciano intorno come da una cintura che si slaccia. A Olinda no: le vecchie mura si dilatano portandosi con sé i quartieri antichi, ingranditi mantenendo le proporzioni su un più largo orizzonte ai confini della città; essi circondano i quartieri un po' meno vecchi, pure cresciuti di perimetro e assottigliati per far posto a quelli più recenti che premono da dentro; e così via fino al cuore della città: un'Olinda tutta nuova che nelle sue dimensioni ridotte conserva i tratti e il flusso di linfa della prima Olinda e di tutte le Olinde che sono spuntate una dall'altra; e dentro a questo cerchio più interno già spuntano - ma è difficile distinguerle - l'Olinda ventura e quelle che cresceranno in seguito.